martedì 21 luglio 2009

lunedì 20 luglio 2009

Rossella Biscotti "La cinematografia è l'arma più forte" 2007


Site-specific intervention in the cinema of the Culturcentrum Strombeek, Strombeek (BE), 2007


The text
La cinematografia e' l'arma piu' forte has been projected in the cinema shortly before the beginning of each movie. The slogan is taken by a banner that Mussolini used to inaugurate the Italian film industry Cinecittà in 1937. It was a prelude to the possibility of using cinematographic media for Mussolini’s propaganda. This installation reflects on the risk of the political and economical investment into the cultural field.

Jack Hazan "A Bigger Splash" (1974)

Gianni Celati "Case Sparse. Visioni di Case che Crollano" (2003)

martedì 14 luglio 2009

Agostino Cornali "Le case vecchie scricchiolano"

Le case vecchie scricchiolano
Agostino Cornali

“è gente di Milano, scappano dal caldo”

mi svegliano alle quattro, cinque del mattino
quando salgono le scale
all’inizio dell’estate

sconosciuti che parlano del sangue,
di alleli in comune, parentele perdute
da prima della guerra

gli altri raccontano delle domeniche,
del cielo sopra San Donato
che sembra crollare sui palazzi

tornano ragazze
che mi son piaciute, ma sono già madri
e i miei compagni di scuola
si nascondono in bagno
a parlare di lavoro.

Allora non è vero, non è vero
che nessuno ritorna,
che sulle scale si incontra
soltanto chi parte

ma la casa è vuota,
è solo un sogno,
solo un rumore
che mi sveglia nella notte

OGGETTI SMARRITI Crisi della memoria nell'arte contemporanea

Il nostro è un mondo talmente pieno di memorie che inesorabilmente, per mancanza di spazio, vanno in gran parte perdute. A partire dalla modernità, questo è un problema che riguarda sia l’individuo che la società. Nella letteratura e nelle arti visive la memoria è quasi sempre associata allo spazio e alla figura particolare dell’archeologo. Un archeologo che lavora attraverso testi od opere d’arte che finiscono per somigliare ad oggetti smarriti.
Come aveva intuito il più grande cacciatore di fantasmi del 900, Sigmund Freud, la questione riguarda la geografia e l’identità (di chi sono questi oggetti?).
L’arte contemporanea non ha fornito risposte ma procedimenti e racconti essenziali per comprendere la trasformazione dell’idea stessa di memoria. Naturalmente la crisi della memoria, nelle sue forme convenzionali, ha origine nelle esperienze artistiche e sociali della modernità.
Il montaggio, la pratica del palinsesto, la smaterializzazione e l’utilizzazione di materiali d’uso comune o persino banali (lo stesso Benjamin collezionava e analizzava cartoline illustrate per le sue enciclopedie frammentarie), sono tutti processi legati ad una sorta di ricostruzione archeologica di uno spazio o di un corpo.
Se si eccettuano i rari monumenti pubblici in memoriam (tutti inesorabilmente votati alla discussione e alla controversia) le arti visive contemporanee sembrano essere tutte destinate a raccontare memorie differenti, ad occupare spazi vuoti o dismessi o a ripensare le pratiche scientifiche di conservazione museale o archiviazione (con particolare attenzione alle scienze naturali).
Il titolo del saggio scritto da Giovanni Iovane e Filipa Ramos nasce dalla memoria di 2 luoghi tipici della contemporaneità: l’ufficio degli oggetti smarriti (si pensi al gigantesco Bureau di Parigi, con migliaia di reperti) e il cartello Lost & Found che campeggia nella sala di ritiro bagagli di qualsiasi aeroporto che si rispetti. Una immagine e una metafora aderenti alla crisi della memoria nell’arte contemporanea.

sabato 11 luglio 2009

Greenland


KIMJONGILIA




KIMJONGILIA, The Flower of Kim Jong Il, is the first film to fully expose the disaster through a tapestry of defectors’stories,North Korean propaganda, and original performance. This feature documentary shows why the defectors fled, describes their hair-raising escapes, and recounts the dangers they face in China, hunted by Chinese as well as North Korean police. These refugees are from every walk of life, from child concentration camp inmates to an elite concert pianist. But their stories all speak of body-and-soul killing repression and paint a picture of a country so far off the rails it defies belief. Ultimately, these humble heroes are inspiring, for despite their suffering, they hold out hope for a better future.

lunedì 6 luglio 2009

Hans Schabus "Passagier" 2000


Pietro Consagra "Porta del Belice " 1981


Emilio Isgrò "Teoria della cancellatura"


Questa è la cancellatura. Una macchia che copre una parola, la separa dal mondo, la libera.
Quale è questa parola? Quale è il sinonimo? Quale la lingua?
Nessuno può dirlo. Nessuno può saperlo.
Io conoscevo questa parola, ma l’ho dimenticata.
Sono più di vent’anni – quasi venticinque, ormai – che pratico la cancellatura e la frequento con la passione di un monaco.
Perciò rimasi male, anzi malissimo, l’estate scorsa, quando i giornali di tutto il mondo riportarono la notizia che un cervello elettronico aveva cancellato per sempre, e per errore, il discorso di investitura che il candidato Mike Dukakis si preparava a leggere alla Convenzione democratica di Atlanta.
Perché il candidato riuscisse a parlare – informarono le agenzie – fu necessario ricostruire il testo in fretta e furia, sulla scorta di briciole di carta e appunti a matita freneticamente recuperati nel cesto anonimo dei rifiuti.
Ma non fu questo a impressionarmi. Preferii domandarmi, piuttosto, se era davvero possibile e lecito scambiare la cancellatura per un prodigio puramente e semplicemente elettronico, quasi si trattasse del Dna, della Tac o di un modestissimo volo su Marte.
Qui, per esempio, in questa immagine, il gioco si fa più difficile, più rischioso. Non è una parola – una soltanto, la più privilegiata – quella che scompare sotto l’inchiostro. Ma dieci, venti, centomila parole. Tutto un libro cancellato dalla misericordia. Cancellato per prevenire chi vorrebbe e potrebbe bruciarlo in un nuovo olocausto della memoria e della cultura.
Io conoscevo questo libro, ma l’ho dimenticato.
Non è stato un cervello elettronico a cancellarlo: né europeo né asiatico né americano.
È stata la mia mano infallibilmente guidata da una mente africana.
In questo libro non è facile leggere. Ma certamente non è proibito. Se si vuole, infatti, non è difficile cogliere sette parole tutte minuscole e tutte importanti:

capito sia che stesse accadendo un altro.

Emilio Isgrò "BRITISH" 1998

Emilio Isgrò "ROSSA ROUGE ROTE RED" 2002

venerdì 3 luglio 2009

Pietro Consagra " Ferro trasparente blu addio Cimabue" 1966


Ferro trasparente blu addio Cimabue
, 1966. Ferro dipinto, cm 63 x 48 x 3. Studio di Consagra, Roma, 1966. Foto U. Mulas.

Giuseppe Gabellone "untitled" 2007

Untitled
2007
Digital print
42x28cm
Courtesy Studio Guenzani